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Ipotesi sull’autobomba: senza kamikaze

today22/09/2009 6

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KABUL — I primi risultati delle in­dagini sull’attentato contro il convo­glio italiano di Isaf fanno ritenere che l’auto carica di esplosivo fosse pratica­mente ferma. «Dallo studio sul cratere rimasto nell’asfalto si può dedurre che il veicolo fosse immobile, o comunque andasse molto lentamente. È un crate­re quasi perfettamente quadrato, di cir­ca due metri per due. Non si può anco­ra definire se l’auto fosse parcheggiata da tempo, magari vuota, e l’esplosivo innescato all’interno. Oppure un ka­mikaze fosse al volante, in attesa dei primi mezzi Isaf che capitassero a ti­ro », ci ha dichiarato il comandante del contingente Folgore a Kabul, colonnel­lo Aldo Zizzo. La tesi della vettura-bom­ba ferma potrebbe rafforzare la pista dell’«attacco complesso»: prima lo scoppio e poi la seconda fase dell’imbo­scata, con gli spari da distanza ravvici­nata per cercare di uccidere i sopravvis­suti. Sembra si stia ancora cercando di in­dividuare, tra i resti di membra umane raccolti sul posto, quelli di un possibi­le attentatore. «Abbiamo raccolto un paio di gambe maschili, tranciate di netto dal tronco, a circa 20 metri dal cratere.

Ma appaiono troppo intatte per essere quelle di un eventuale ka­mikaze. La vettura si è letteralmente polverizzata. Gli unici pezzi ancora rela­tivamente interi sono soltanto quelli del motore», specificano alte fonti Isaf-Nato coinvolte nell’inchiesta. Lo studio della dinamica dell’attentato è utile per cercare di capire gli sviluppi della tensione nella capitale. Gli addet­ti alla sicurezza ai vertici della coalizio­ne alleata prevedono infatti un autun­no difficilissimo. Gli ultimi due mesi hanno visto la crescita del 200% degli attentati rispetto a giugno e maggio. Solo durante le prime due settimane di settembre sarebbero stati assassinati una trentina di poliziotti e militari af­ghani nella regione di Kabul. Senza neppure parlare dell’impennata espo­nenziale del numero di morti tra i ran­ghi Isaf nel Paese a partire dall’inizio dell’estate, specie americani ed inglesi. Una delle piste studiate è che possa esservi un collegamento diretto tra i maggiori fatti di sangue a Kabul che hanno caratterizzato la fase politica del­le presidenziali il 20 agosto.

Si sta cer­cando di capire, per esempio, se il tipo di esplosivo utilizzato giovedì scorso sia simile a quello usato contro il quar­tier generale Isaf, il 15 agosto, o sulla Jalalabad road, quattro giorni dopo, op­pure ancora all’entrata della zona mili­tare dell’aeroporto l’8 settembre. Ieri anche Hamid Karzai ha manifestato vi­va preoccupazione per questa catena di violenze. Incontrando il rappresentate del­l’Unione Europea nel Paese, l’amba­sciatore italiano Ettore Sequi, il presi­dente afghano ha espresso le sue con­doglianze per le vittime italiane. E si è commosso quando Sequi gli ha mo­strato la foto del piccolo Simone, fi­glio di due anni del parà ucciso Rober­to Valente, che all’aeroporto saluta mi­litarmente la bara del padre. «Dietro ogni morto c’è una famiglia — ha det­to —. Italiani, afghani, cittadini della coalizione alleata, siamo tutti fratelli nel lutto».

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Written by: admin

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