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Scandalosa Winslet

today08/02/2009 2

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BERLINO – Il passato come colpa e come oppressione: è questo il peso con cui il giovane tedesco Michael Berg scopre un giorno di dover fare i conti, il giorno in cui, ventenne, viene portato dal suo professore di diritto ad assistere a un processo contro alcune donne accusate di essere state in passato le aguzzine di un lager nazista e di avere sulla coscienza la morte di 300 detenute ebree. È questo il nodo centrale di The Reader, presentato ieri fuori concorso, dopo aver fatto incetta di nomination ai prossimi Oscar.

Ed è questo il tema (l’elaborazione di una colpa collettiva e storica, di cui il protagonista non ha nessuna responsabilità visto che è nato dopo quei fatti, ma con cui non può fare a mano di misurarsi), è questo il tema — dicevo — che la sceneggiatura di David Hare e la regia di Stephen Daldry affrontano con una misura e un pudore encomiabile. Seguendo abbastanza fedelmente il romanzo di Bernhard Schlink A voce alta (in italiano pubblicato da Garzanti), il film pur saltando spesso tra passato e presente è organizzato in tre grandi blocchi: nel primo, a metà degli anni Cinquanta, il giovane Michael (David Kross) conosce casualmente una donna più anziana di lui (Kate Winslet) che lo inizia al sesso (in modi curiosamente poco espansivi) e che gli chiede ogni volta di leggerle un po’ di un romanzo o di una commedia. Fino al giorno in cui misteriosamente scompare; nel secondo blocco, Michael, giovane studente di legge, riconosce in Hanna Schmitz, processata per il suo passato di kapò nazista con altre colleghe, proprio la donna che aveva amato quindicenne: sa anche di avere la prova che non è lei la responsabile di tutto quello che le viene addebitato (è analfabeta: per questo si faceva leggere i libri) ma non lo dice a nessuno; nell’ultima parte, Michael adulto (Ralph Fiennes) trova la forza di inviare ad Hanna in prigione — è stata condannata all’ergastolo — una serie di cassette dove ha inciso i testi dei libri che le aveva letto da ragazzo: grazie a loro lei impara faticosamente a leggere e a scrivere e lui viene spinto a incontrarla qualche giorno prima che una grazia la porti fuori di prigione.

Kate Winslet in una scena del film diretto da Daldry
E proprio durante questo incontro (che prelude a un finale che lasciamo alla curiosità dello spettatore scoprire), Michael chiede ad Hanna se abbia mai ripensato al passato e alle sue azioni. Sarebbe stato consolatorio far crescere nell’ex aguzzina un qualche sentimento di pietà e di colpa, ma sarebbe stato anche troppo facile: Hanna resta un’«analfabeta morale» (anche se ha imparato a leggere), lo «specchio» di un passato che non si può cambiare o edulcorare. È «giusto» (narrativamente parlando) che lei spieghi — non si giustifichi, attenzione— che spieghi come ha ubbidito agli ordini, anche se quegli ordini sono costati la vita a 300 ebree: è giusto perché così ragionava e si comportava la Germania nazista. Spetta a Michael, che è nato in un’altra Germania ma che di quel passato non può evitare di farsi carico, «elaborare » quei comportamenti, capire che per quelle persone si può anche provare della passione ma riflettere anche sulla «povertà» di quei sentimenti, e sull’educazione e sulla famiglia e sulla cultura che schiacciate da quel passato hanno a loro volta «schiacciato» il cuore e la mente di un ragazzo. Senza arrivare a facili assoluzioni o, peggio, giustificazioni, il film affronta così il tema del passato come condanna (c’era già nel terzo «episodio» del precedente lavoro di Daldry e Hare, The Hours) sfruttando la straordinaria forza emotiva degli attori — tutti davvero bravissimi— per costringere ogni spettatore a fare i conti con i propri «passati ». Senza lanciare facili accuse ma anche senza evitare le domande più scabrose.

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Written by: admin

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