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Roma, stasera la finale di Champion’s

today27/05/2009

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ROMA, 26 maggio 2009 – L’accento locale non è del tutto sconosciuto a Pep Guardiola: qualche frase in romanesco di Carletto Mazzone, che lo allenò ai tempi del Brescia, gli deve essere per forza rimasta nelle orecchie. Di sicuro, non ha disimparato l’italiano. Ed è proprio parlando in un italiano fluente, forte e chiaro che scaccia i brutti ricordi alla vigilia della sfida col Manchester Utd: “La finale persa col Milan quando giocavo io? Vi spiego come è andata: fummo travolti perché avevamo vinto il campionato appena tre giorni prima di quella partita, mentre loro erano già campioni d’Italia da più di una settimana. Stavolta è diverso: abbiamo avuto tutto il tempo di assaporare i trionfi nella Liga e in Coppa del Re, non ci faremo distrarre dalle celebrazioni della stampa per ciò che abbiamo già fatto. E in ogni caso quel Milan era fortissimo”.

L’arrivo di Guardiola all’albergo del Barcellona. Reuters DIFESA DA INVENTARE — Guardiola si presenta in conferenza stampa insieme a Puyol e Valdes, i due giocatori che si erano seduti davanti ai microfoni anche il giorno prima della fortunata finale di Champions del 2006, a Parigi: alla scaramanzia non crede nessuno, però poi certe cose le fanno tutti, chissà perché… Cabala a parte, per il Barça ci sono problemi reali da affrontare, come le assenze in difesa di Marquez (infortunato) e di Abidal e Alves, squalificati. Iniesta e Henry, invece, saranno della partita. Valdes, il portiere, assicura di sentirsi tranquillo (“abbiamo ricambi all’altezza della situazione”), Puyol parla da eterno capitano e la butta sull’orgoglio (“la difesa è forte lo stesso, qui chi va in campo sa che lo fa nella partita più importante di una carriera), ma è ancora Guardiola a spazzare via le perplessità. Pep ne fa una questione di identità: “Il punto – dice – è che noi non dobbiamo essere costretti a difenderci troppo a lungo. Non siamo abituati a farlo. Se il Manchester ci attacca per mezz’ora, con i campioni che ha in rosa, per noi finisce male. Abbiamo altre caratteristiche: noi dobbiamo ‘usare’ il pallone, siamo bravi a farlo girare”.

Da sinistra Puyol, Valdes e Guardiola. Ap PAURA — Per il 38enne tecnico catalano, dunque, la cosa più importante è non snaturarsi e non avere timori: “Voglio che i miei giocatori vadano in campo felici di giocare una gara a cui sono arrivati con merito e sacrifici. Io stesso non sarei qui, senza di loro, perché non esiste nessun ‘metodo Guardiola’. Sono bravi loro. Non devono avere paura, come non devo averla io dell’esperienza di Ferguson. E’ vero, lui è mille volte più esperto di me, ma non è detto che alla fine sarà questo a fare la differenza. Ho studiato i miei avversari, so come voglio affrontarli. Se poi ci riusciremo oppure no, questo è impossibile prevederlo”. Chiusura, immancabile, sul bicchiere di vino che Ferguson beve a fine gara con il tecnico avversario (ma sarà vera, poi, questa storia?): Guardiola dice che sì, se sarà invitato accetterà volentieri. Sperando di essere già ubriaco di gioia.

Stefano Cantalupi
GASPORT

Written by: admin

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