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Andrea Osvart, oltre Sanremo

today12/07/2008 2

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ROMA — È giovane, è bella. All’ultimo Festival di Sanremo è stata la più ammirata. Sembra impossibile che Andrea Osvart abbia sofferto per amore e di gelosia per un uomo, che poi l’ha lasciata. Racconta l’attrice ungherese: «Avevo 21 anni (ora ne ha 29). Vivevo ancora in Ungheria. Ero fidanzata con un ragazzo di cui ero innamoratissima, invece lui mi tradiva in modo sfacciato. Quando ho iniziato ad avere i primi sospetti, lui negava». Così, la machiavellica Andrea ha escogitato una trappola: «Ho comprato una nuova scheda per il mio cellulare e ho cominciato a inviare messaggi al mio fidanzato, come fossi un’altra. Lui non ha tardato a rispondermi e abbiamo intessuto un dialogo tra sms, anche smaccatamente erotici». Insomma, il fedifrago è caduto nella trappola: «Eccome! Talmente ci è cascato che, sulle prime, non capiva come fossi riuscita a sdoppiarmi. Gli ho dovuto far vedere i messaggi sul mio telefonino per convincerlo, e soprattutto per fargli ammettere il suo tradimento».
Magra consolazione, per Andrea: «Per un anno sono stata male, avevo gli incubi. Forse, chissà, essendo tanto innamorata l’avrei anche perdonato, invece è stato lui a lasciare me. Ma è stato meglio così». Per ironia della sorte, ora la Osvart si trova nella situazione opposta: è protagonista di una storia, dove è una moglie, ossessionata dalla gelosia del marito: Soundtrack si intitola il film di Francesca Marra, in uscita a settembre: «Uno psicothriller. Io impersono un’attrice di teatro e, mentre sto recitando la pièce Amanti di Harold Pinter, mio marito si ingelosisce a tal punto, da perseguitarmi, ma non posso svelare il finale». La gelosia è una brutta bestia: «È patologica e va curata, perché può condurre a mali estremi. Ora non sono più gelosa, ma anche perché è un problema d’età: quando ero più giovane, ovviamente mi sentivo insicura. Frugavo nelle tasche, nei cassetti del mio fidanzato, diventavo matta. Un’ossessione che non voglio più vivere: l’ho eliminata dalla mia psiche». E non le è mai capitato di provocare la gelosia di altre donne-rivali in amore? Ribatte: «Le donne sono già abbastanza gelose e, a volte, invidiose nei miei confronti. Cerco quindi di non mettermi nelle condizioni di provocarle ulteriormente: giro alla larga da uomini sposati o già fidanzati».

Da cinque anni vive in Italia, ha avuto un compagno italiano e adesso? Risponde: «Sono single, ma spero di trovare l’anima gemella: voglio mettere su famiglia. Lavoro da 12 anni e sono stanca di fare sacrifici. Voglio pensare un po’ alla mia vita privata». Eppure Sanremo le ha cambiato proprio la vita. Ammette: «Prima di tutto mi ha insegnato l’umiltà». Quella che ci è voluta per accettare il mancato successo di ascolti? Ribatte: «Certo, il verdetto del pubblico è implacabile e bisogna prenderne atto. Ho capito che il mondo della televisione è difficile, faticoso, in certi casi crudele. Ma anche meraviglioso, mi ha dato una popolarità incredibile: prima nessuno mi riconosceva, poi mi chiedeva l’autografo pure il macellaio sotto casa; prima mi proponevano solo film di nicchia, con ruoli marginali, ora sono protagonista contemporaneamente in tre film». In Duplicity ha lavorato accanto a Julia Roberts e Clive Owen: «Una storia di spionaggio, dove ovviamente la mia è una piccola parte, ma ho lavorato fianco a fianco con la mitica Julia».

Che tipo è sul set la Roberts? «La definirei algida. È una star a tutti gli effetti, affabile, gentile, sorridente, ma distante, concentratissima su ciò che doveva fare, tanto che non ho osato avvicinarmi molto, per timore di disturbarla. Insomma, ho scoperto un mondo: la professionalità del cinema americano». Confronti con quello italiano? Riflette: «Qui è tutto un po’ casereccio: ci sono meno soldi e si fa tutto più in fretta, a scapito della qualità. Mi piacciono i registi esigenti e quelli italiani lo sono poco: spesso mi lasciano fare da sola, si fidano troppo del mio istinto. Preferisco un regista che mi frusta, che mi costringe a interpretare un personaggio, che in me produca un cambiamento: devi cambiare, quando reciti, altrimenti ti limiti a fare te stesso. Insomma, non mi piace il “buona la prima”, mi sembra una cosa un po’ buttata via». Molto esigente e critica con il nostro cinema, ma un regista con cui sogna di recitare ce l’ha: «Sergio Castellitto: il suo film Non ti muovere è il più bello che abbia mai visto negli ultimi anni».

Emilia Costantini

CORRIERE.IT

Written by: admin

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