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ROMA – L’artiglio degli U2 ha agguantato Roma: in una notte quasi estiva in 75.000 sono accorsi da tutta Italia e dall’estero per il gran finale di questa parte del tour 360°, un giro del mondo nel segno del rock che, dicono gli esperti, si avvia a diventare la tournee di maggior successo nella storia.
Una “serata magica” nelle parole (in italiano) dello stesso Bono, che insieme al resto della band ha regalato uno dei suoi migliori concerti degli ultimi anni. Al loro ingresso nello stadio romano, i seguaci di Bono e soci hanno trovato davanti a sè ‘The claw’, l’artiglio, il colossale e ipertecnologico palco che a molti sembra uno degli alieni della ‘Guerra dei mondi’, oppure un ragno che sovrasta la band.
Sotto, i fortunati del ‘golden circle’, letteralmente all’interno della struttura (la cui parte centrale ruota, alto 50 metri per 58 di diametro), con i musicisti che sono a pochi metri. Aprire le danze è toccato agli americani Interpol, con il loro ‘indie rock’ elegante (saranno in Italia con il loro tour il 17 novembre al Palasharp di Milano), ma l’attenzione del pubblico è stata scarsa, visto che l’attesa spasmodica era ovviamente tutta per gli U2, ormai da anni la più grande rock band del pianeta.
E, come ogni band planetaria che si rispetti, il loro show offre musica ma anche – particolarmente in questa tournee nata da No line on the horizon – forti sollecitazioni visive. Ma stasera, a Roma, è stata la musica a farla da padrona. Gli U2 sono apparsi in forma come di rado, nelle ultime stagioni.
Bono, incredibilmente ispirato, ha ritrovato la sua voce da leggenda, il gruppo ha suonato compatto e potente come non mai. Introdotti da Space Oddity di David Bowie, gli ex ragazzi irlandesi hanno attaccato con una dirompente Beautiful Day, quindi la classica I will follow, seguita da Get on your boots, Magnificent, Mysterious Ways.
Tra i momenti da brivido e lacrime, una splendida Miss Sarajevo. Sopra di loro, l’artiglio cambia colore, lo schermo cilindrico cambia forma in modi incredibili con le canzoni. “Noi ci siamo innamorati di Roma quando suonammo allo stadio Flaminio molti anni fa (1987). Grazie per averci tenuti vicini al vostro cuore per tutto questo tempo – dice Bono – E stasera siamo qui con l’ultima data europea di un tour che molti giudicavano impossibile. E io mi sento molto fortunato a essere qui con i miei tre migliori amici: Larry, Adam e The edge”.
Poi rende omaggio a Roberto Saviano, ai ragazzi di Teheran che lottano per la democrazia (per loro c’é una devastante Sunday Bloody Sunday) e, come sempre, alle note di Walk On, parte l’appello di solidarietà per Aun san Suu Kyi, leader democratica da anni agli arresti in Birmania.
E poi Vertigo, I’ll go crazy if I don’t go crazy,In a little while, I still haven’t found what I’m looking for. Tutte perfette, per un pubblico in autentico visibilio. Spettacolare la scenografia sugli spalti, che sulla tribuna Tevere si è a un certo punto disposto a formare la parola One, mentre le curve diventavano due gigantesche bandiere, italiana e irlandese.
E il gran finale parte con classici a raffica proprio con One, quindi Where the Streets Have no Name, With or without you e la avvolgente Moment of surrender
ANSA.IT
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