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IRENE (Sudafrica) – Guai a chi tocca la vecchia guardia. È il ruggito di Gianluca Zambrotta. Toni morbidi, parole pesanti per il terzino-senatore. «A 33 anni mi avevano dato del bollito e invece sono qui a giocarmi un Mondiale» gonfia il petto durante la conferenza stampa a Casa Azzurri. E già che c’è alza un muro in difesa dell’amico Cannavaro, altro grande vecchio che mostra le rughe: «Non si può discutere uno come lui. Lo vedo tutti i giorni in allenamento: arrivarci a 37 anni come Fabio…». E il gol preso contro la Nuova Zelanda? «Quel pallone gli è rimbalzato addosso, che poteva fare?», è la secca risposta. Se ci fosse Lippi ad ascoltarlo, gli farebbe una standing ovation. Il Zambrotta-pensiero è una difesa a oltranza del gruppo, leggendario mantra lippiano. Così mette il silenziatore alle polemiche («Le critiche? Giuste o sbagliate che siano fanno parte del mestiere») e si tiene a distanza di sicurezza dalla querelle innescata dal ct contro i giornalisti: «È questo il comportamento di Lippi, il suo modo di fare».
PENSARE POSITIVO – «Siamo tutti uniti, il gruppo ci crede – dice poi pensando alla sfida decisiva di giovedì contro la Slovacchia -. Sentiamo l’importanza di questa gara da dentro o fuori ma siamo fiduciosi. C’è solo bisogno che tutti diano il massimo, e se ci assiste la fortuna è anche meglio». Niente calcoli contro Hamsik e i suoi fratelli. «È una partita fondamentale che capita in un momento particolare. Ma abbiamo un unico obbligo: vincere per essere certi di qualificarci».
BUCO GENERAZIONALE – Altro tema affrontato, l’assenza di talenti in nazionale. Ma dopo il successo del 2006 è mancato un ricambio generazionale? «I giovani stanno facendo bene – obbietta Zambrotta -. Criscito è interessantissimo e di Marchetti ho stima e rispetto. E se poi le cose non dovessero andare bene, nel prossimo Europeo ci sarà spazio per altri».
MESSAGGIO A PRANDELLI – Lui – sia ben inteso – alla pensione azzurra non ci pensa proprio. «Per Cannavaro e Gattuso è l’ultimo Mondiale. Per me, no. Ho ancora stimoli e voglia. E se poi il prossimo allenatore (ossia Prandelli dal 20 luglio, ndr) non mi chiamerà in nazionale, pazienza».
Luca Gelmini
CORRIERE.IT
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