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“Le donne con cervello in Italia non vengono accettate”. “Ai giovani serve qualcuno che li ascolti, non visibilità a tutti i costi”. E ancora: “Al di là di quelli che cerca Brunetta ci sono italiani meravigliosi che non fanno nulla per farsi vedere”. Parole e pensieri in libertà di Renato Zero, classe 1950, a Milano per lanciare “Presente”, il suo trentesimo album, il primo senza una casa discografica alle spalle.
”Presente è una chiamata alle armi perché anche la musica cosiddetta leggera entra nella vita di tutti i giorni, cercando di favorire il dialogo e dare risposte” dice Zero, uno che è “in pista dal Settanta, tra Dylan, Lennon e Sting” come canta in “L’incontro”.
E Zero non nega che il disco sia influenzato dall’aria di crisi che tira, da quell’atmosfera che il ragazzo di borgata della Montagnola respira ogni giorno tra la gente. “Questo disco è un voltare pagina per tutti noi – attacca – perché apre una stagione nuova. Fate attenzione perché è vero che non c’è più la mezza stagione, sono d’accordo ma dirò di più. Ormai di stagione ce n’è solo una, un inverno gelido che ci consiglierà di stare molto uniti, parlare e superare questa difficile crisi della nostra vita. E magari a mettere al mondo più figli”.
Diciassette brani nuovi sono quasi un doppio album. C’è un nesso con il fatto che il disco sia sganciato da una major?
”Diciassette sono tanti ma dieci sono anche pochi. Quando lavori in prima persona non devi combattere contro quello che io chiamo “pareti rocciose della buona volontà”. Chi fa l’industriale non deve necessariamente avere sensibilità musicale, deve vendere un prodotto. Noi invece sappiamo vita, morte e miracoli di chi ci acquista i dischi. Di conseguenza possiamo concederci di più, dopo tre anni e mezzo di assenza. E lo facciamo. Ci si aspetta che Renato si racconti un po’ di più”.
Presente è quindi il figlio primogenito del taglio del cordone ombelicale dalla major. Il disco è stato scritto di getto quando Renato Zero ha deciso di ritornare del tutto padrone di se stesso. “Appena ho avuto la certezza dell’autonomia – racconta oggi – sono andato verso il pianoforte e la chitarra e ho scatenato tutta la mia felicità. Ho cominciato a scrivere a maggio dello scorso anno e sono andato avanti per tutta l’estate. Ho preparato circa 35 pezzi, poi diventati 22 e successivamente 18. Nel disco però ne trovate 17 perché mi dissero che più di 74 minuti su un cd non potevano starcene. Successivamente ho scoperto che il massimo erano 79 ma ormai era tardi. Così abbiamo un orfanello in giro”
Nel disco c’è una vecchia conoscenza come Mariella Nava che firma “Spera e spara”. Mario Biondi (duetto in “Non smetterei più”) è una novità.
”Mariella è Mariella, è l’esempio di come una donna con cervello non venga accettata nel nostro Paese. Mario invece è come se lo conoscessi da tempo, eppure è un rapporto recente. Merito suo, è una persona regolare”.
Dalla prima traccia, “Professore”, all’ultima, “Dormono tutti” c’è tutto Renato Zero.
”Questo disco è un percorso, si inizia dalla scuola dove qualcuno ci considera dei disgraziati che creano il problema di un’educazione. “Presente” è un disco che racconta anche tante paure dell’uomo. E per ultima ho scelto una ninna nanna, L’ho scelta pensando alle mie nipotine. La filastrocca è un modo per uscire dalla paura, un modo che tutti da piccoli hanno usato per dimenticare qualche cosa brutta”.
”Giù le mani” è un pezzo di denuncia contro tutto e tutti.
”I reality musicali indubbiamente portano ascolti in tv e interesse per la musica. Sia X Factor che Amici poi hanno coach di grande livello. Ma si deve fare attenzione a sbattere un ragazzino davanti alla telecamera a 16 anni. Non si conoscono gli effetti. Dico no alla censura ma sì a un’autoregolamentazione, a un sapersi controllare”.
”Ambulante” invece…
”Ambulante è “Mi vendo” 30 anni dopo, Non c’è dubbio, ed è che come canto che questo mestiere di strada con me scompare”.
Guai a dire che invecchiando si cambia.
“Ho tre volte vent’anni ma non sento la necessità di star da solo, di starmene da parte – ammette – adoro ancora la strada e il contatto con la gente. Così ho un rapporto più credibile con i ragazzi. Il disagio imbarazzante che ho conosciuto ai miei tempi si sposa con quello delle ultime generazioni perché oggi si pensa che i giovani possano comunicare meglio grazie ai media. E’ tutto falso. E’ falso perché i media sono gestiti da editori che fanno girare danaro, con la politica che vi intinge l’inchiostro. E’ più facile trovare visibilità all’Isola dei Famosi ma al giovane la visibilità non serve se non viene ascoltato. I ragazzi oggi non vengono ascoltati nemmeno su Internet.
Lei, invece, prima di andare in tv ce ne ha messo di tempo
“Ho salutato i dinosauri, loro stavano per estinguersi io no – scherza Renato – Io facevo provini su provini ma tutti mi bocciavano. Poi quel grande uomo di Gianni Ravera, di nascosto del dirigente Rai di turno mi mandò in onda alla Mostra della Canzone di Venezia. Cantai “Mi Vendo”. Il dirigente prima chiamò Ravera per chiedere spiegazioni e per rivalersi ma poi lo richiamò per farmi scendere dal treno, per mandarmi in onda il giorno dopo. Erano però passati anni dai primi passi”.
Siamo allo scontro generazionale
”Fateci caso: a un ragazzo che si lamenta oggi si risponde “Non ti manca nulla”. Quando avevo sedici anni io mi dicevano “Avrai tutto”, quando non avevamo veramente nulla. Oggi si hanno i mezzi ma si è sempre più soli. E allora? I genitori se li portino più dietro questi figli. Così magari anche la scuola andrebbe meglio. L’errore del Sessantotto fu premiare qualche studente perché più a sinistra o viceversa. Cadere a 16 anni è diverso che cadere a 50”.
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