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C’è stato un attimo, quando Mao Asada, la grande rivale di Caro a Goteborg, è scivolata via sul primo axel, finendo contro la balaustra – c’è stato un attimo nel quale il Mondiale di Carolina Kostner ha brillato d’oro. L’oro che alla fine le è sfuggito di un niente, meno di un punto, 0,88 centesimi (184,68 contro 185,56 della sada nel totale) perché la Asada ha saputo reagire da fuoriclasse all’inciampo, completando un programma preferito dai giudici soprattutto nel punteggio riservato all’interpretazione. Arte, non pura tecnica. Premiata con un filo di generosità (due punti in più) dalla giuria rispetto alla freschezza più ruvida della Kostner, che ieri ha fatto benino, non benissimo come sarebbe servito, pasticciando un po’ con i salti. Terza la coreana Yu-Na Kim, ieri impeccabile ma frenata dal flop nello short program di mercoledì. Un argento conquistato o un oro perso, per Caro, dipende dalla prospettiva.
Un filo di rabbia ma comunque un grandissimo risultato, e un passo avanti, rispetto al bronzo ai mondiali di Mosca 2005, compiuto davanti al tutto esaurito della Scandinavium Arena di Goteborg, 9400 spettatori. Mercoledì, nel programma corto pattinato sopra “Riders of the Storm”, la canzone cult dei Doors, Caro aveva incantato, tanto da meritarsi un libro con dedica del pianista Giovanni Allevi, suo amico e fan. Fasciata dal corpetto e dai trasgressivi pantoloni griffati Cavalli, tempestati di mille brillantini, aveva finito in testa, precedendo di appena 18 centesimi Mao Asada, la rivale più pericolosa. Salti ad alta quota ed atterraggi sicuri, sporcati appena da uno step-out all’uscita del maledetto triplo Lutz. Sicura e solida come non era apparsa da tempo, forse mai la signorina Kostner. Lontana dalla Caro impanicata delle Olimpiadi di Torino, quando la pressione mediatica l’aveva schiacciata sul ghiaccio. Una Carolina più matura, rodata dalla vita fuori casa, cucina in proprio e bucati da fare da sola.
Anche ieri mattina, nell’allenamento, aveva fatto impressione, incatenando senza troppe esitazioni doppio axel e triplo tolup mentre continuava a cucinarsi il piccolo dramma di Miki Ando, la campionessa in carica. Un problema alla schiena aveva già bloccato la giapponese durante il “corto”, chiuso all’ottavo posto. Ieri, la faccia di cemento, Miki, che quest’anno, in crisi di saudade a mandorla, ha lasciato l’America e il suo allenatore per rifugiarsi in patria – è uscita in pista solo per il tempo di sbagliare il triplo salto. Poi si è avvicinata al referee per annunciare il suo ritiro, mentre pesanti lacrimoni le rigavano il viso di porcellana.
Carolina ieri sera sapeva che non avrebbe potuto giocare in difesa. E che la prestazione, già eccellente, che le aveva consegnato il secondo oro europeo, a gennaio a Zagabria, non sarebbe bastata contro le rivali asiatiche. Il suo programma, eseguito per l’ultima volta, sulle note del “Dumsky trio” di Dvorak, Caro stavolta l’ha interpretato con coraggio, ma anche con qualche sbavatura. Per ritoccarlo era volata apposta in Canada, a Vancouver, dalla coreografa Lori Nichol. «Adesso sono maturata – aveva detto prima della gara – E ho imparato che la velocità, che pure è una delle mie grandi qualità, non è tutto». Tesa ma decisa nel tutù rosso che usa per il programma lungo, Caro ha inanellato bene la prima combinazione di tre salti, triplo flip, doppio tolup e triplo Rittberger, chiuso bene le trottole. Ma ha messo la mano sul ghiaccio due volte – tagliandosi anche un dito – ha sporcato più di una chiusura. Solida, non esaltante. Meglio della pin-up finlandese Kira Korpi, crollata sotto la tensione. Di poco davanti alla meravigliosa Yu-Na Kim. Molto meglio anche dell’altra giap Yukari Nakano, finita con la medaglia di legno nonostante un programma notevolissimo, poco premiato dai giudici. Un soffio, un amen, dietro la rimonta di carattere di Mao Asada. Che non ieri non ha rubato niente, se non il piccolo, decisivo, scintillante pezzo di sogno di Caro.
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