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Che partita. Senza un attimo di respiro, a testa alta o bassa a seconda delle circostanze, la lealtà come fiore all’occhiello. Il Milan aveva in pugno Old Trafford, forte di un 2-2 che gli avrebbe spalancato l’11ª finale di Champions della sua storia. Gli sono stati fatali – sul piano del risultato, almeno – l’ultimo minuto e l’unico contropiede subìto in 92’ di battaglia, firmato da un torrenziale Rooney. Il Manchester United, protagonista del 7-1 alla Roma in onore del quale avevamo saccheggiato tutte le iperboli del mondo, è dovuto scendere a patti, ma si coccola un 3-2 che costringerà gli avversari a vincere, comunque. Con Kakà, non si scherza. E con Rooney, neppure. Con Dida, magari sì: non più di una volta, però. L’altalena dei gol e il vortice di emozioni riassumono un tamburello, splendido, che un errore di Brocchi ha allontanato dal Diavolo e spinto verso i Diavoli Rossi. Lo United aveva mezza squadra fuori (e difatti, zero cambi), il Milan ha lasciato sul campo Maldini e Gattuso. Ci si rivede a San Siro, mercoledì prossimo. La sfida resta apertissima.
O la va o la spacca: e allora Dida, naturalmente. Ferguson scarica Smith e recupera Evra, almeno lui. Da Ferdinand-Vidic a Brown-Heinze: trapianto di difesa. Il ciclostilato diffuso in tribuna stampa propone un 4-3-3 che, in verità, ricalca a grandi linee il modulo che aveva annientato la Roma: Fletcher e Carrick a presidiare i valichi, Scholes «civetta» fra Cristiano Ronaldo e Giggs, Rooney pivot d’attacco. Replica, Ancelotti, con l’albero di Natale adattato alle sgommate del Ronaldo portoghese, la qual cosa significa, talvolta, Seedorf più vicino a Jankulovski che non a Kakà.
Sarà tutta un’altra storia, avevo scritto alla vigilia. Con la Roma, lo United aveva impiegato 11 minuti per passare in vantaggio. Col Milan ne bastano cinque. Il tempo di un corpo a corpo Nesta-Rooney e di un angolo, calibrato da Giggs, che accende una bolgia pazzesca. Testa di Ronaldo, poi Heinze, poi Dida, che esce male e peggio si avvita al rimbalzo, determinando la più classica delle frittate. Un gol di complicata paternità. Senza ricorrere all’esame del dna, l’Uefa sceglie Cristiano. E così sia.
Il Milan non è la Roma. Cosa volete mai che siano un gol sotto e il ruggito di Old Trafford sopra. Calma e sangue freddo. Pirlo tiene d’occhio Scholes. Oddo e Gattuso occupano la corsia di Giggs. Nesta e Maldini si dedicano a Rooney. Gilardino s’immola al fronte. L’ordine è di portare a spasso Brown e Heinze. Dida si riscatta su Carrick, smarcato da Giggs. Non c’è un tiro, o una bozza di occasione, che non costi sudore allo United. Piano piano, il Milan guadagna metri e «alza» la personalità. Il pareggio piomba sulle ali di Kakà. Splendido tocco di Seedorf per il taglio del brasiliano, che si beve Heinze e fulmina Van der Sar. Nessun dubbio che le accelerate di Cristiano Ronaldo strappino il guardone dalla sedia, anche quando, magari, l’esubero di dribbling consente ai rivali di mettere in salvo mobili e argenteria. Scusate, e Kakà? Si sapeva della fatica con la quale sir Alex aveva ridisegnato il bunker, costrettovi da una rovinosa lista di caduti. L’emergenza avrebbe però dovuto consigliargli una gestione meno scollacciata degli episodi. Fatto sta che Kakà addomestica un rinvio di Dida in una zona apparentemente smilitarizzata, «salta» con eleganza Brown, assiste curioso al tamponamento Heinze-Evra e infila giulivo Van der Sar. Elementare, Watson (o chi per lui).
Di Kakà si parla sempre troppo poco in rapporto alle qualità e al fatturato. La partita schizza via frenetica. Niente contropiede ai rossi, aveva giurato Ancelotti. Sarà la chiave di tutto il match, meno un’azione. L’infortunio di Maldini spalanca il teatro dei sogni a Bonera. Carrick, in avvio di ripresa, divora il pareggio. Ambrosini e Gattuso si fanno un mazzo così. Ringhio, soprattutto. Sradica, zompa, sgomita, artiglia. Per farlo fuori, ci vuole una stecca di Evra. Largo a Brocchi. Cristiano a sinistra è il segnale che, allo United, non tutte le ciambelle stanno riuscendo col buco. La squadra ha dato l’anima, in questi mesi. Si vede da come il Milan lo rosola. Pirlo-Kakà, Seedorf-Kakà: pugnalate nel costato. Se la carne è debole, lo spirito rimane però fortissimo. Prova ne sia il 2-2 che Rooney strappa al 15’, non senza dare l’illusione di aiutarsi con un braccio. L’aveva servito Scholes. Ultimo ad arrendersi, Nesta.
Senza Gattuso è un altro Milan. I Diavoli rossi lo capiscono. Punizioni dal limite. Mischie. Tuffi di Dida, protagonista assoluto dell’ultimo quarto d’ora sino all’erroraccio di Brocchi che fa decollare l’azione Giggs-Rooney. Il cuore di Old Trafford esplode. Applausi a tutti. Grande Milan. Nulla è perduto.
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