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TORINO – Annamaria Franzoni è stata condannata a 16 anni dalla Corte d’assise d’appello di Torino, presieduta da Romano Pettenati, che ha riconosciuto le attenuanti generiche che hanno quasi dimezzato la prima condanna che era di trentanni. Pettenati ha letto le poche righe del verdetto con voce emozionata, dopo le oltre nove ore impiegate dalla camera di consiglio per emettere la sentenza a carico della donna. Lunghe ed interminabili ore di attesa, poi è arrivato il verdetto per l’omicidio del piccolo Samuele, ucciso a Cogne il 30 gennaio 2002. Dopo un anno e mezzo e 22 udienze è stata scritta così la parola fine sul processo di secondo grado, contro cui non farà ricorso il Pg, a differenza della difesa. Annamaria Franzoni resterà comunque in libertà. Perché venga applicata la misura restrittiva occorre infatti aspettare il pronunciamento della Cassazione di conferma della sentenza d’appello, a meno che la Procura generale non decida, ma è poco probabile, di chiedere un ordine di custodia cautelare.
FRANZONI DISPERATA – «Sono disperata»: è il commento alla sentenza che Annamaria Franzoni ha affidato alle persone in contatto con lei. «Io sono innocente – ripete – e per una persona innocente sarebbe ingiusto anche un solo anno di carcere».
ANNAMARIA NON ERA IN AULA – La mamma di Samuele e gli altri famigliari hanno deciso di non attendere la sentenza in aula ripartendo per la loro abitazione a Ripoli. In mattinata, chiudendo l’ultima udienza del processo la Franzoni aveva chiesto tra le lacrime «un giudizio giusto».
LA CORTE – La decisione è stata presa dalla Corte, presieduta dal presidente Romano Pettenati e composta dal giudice a latere Luisella Gallino e sei giurati popolari, quattro uomini e due donne.
IL PG CORSI: «SENTENZA GIUSTA» – Il procuratore generale Vittorio Corsi, commentando la sentenza, ha anticipato di non voler ricorrere in Cassazione. «È stato acccolto l’invito alla comprensione. Mi sembra sia una sentenza giusta – ha detto Corso – in cui è stato tenuto conto di un disagio di quella mattina e quella notte. Non c’erano sufficienti dati per dare l’incapacità di intendere e volere». E alla domanda se si fosse sottoposta alla perizia psichiatrica ci sarebbe potuta essere una sentenza diversa, Corsi ha risposto: «può darsi se si fosse sottopposta alla perizia o anche solo se avesse detto se c’erano state o meno delle crisi precedenti o se avesse detto o meno come si era sentita quella notte».
L’AVVOCATO SAVIO: «NON FINISCE QUI» – L’avvocato Paola Savio, difensore della Franzoni, ha preannunciato ricorso alla Cassazione sostenendo che la condanna a 16 anni significa che «il processo non finisce qui». «Prendiamo atto della sentenza: c’era un ventaglio di possibilità e la Corte d’assise d’appello ha deciso di confermare il giudizio di condanna. Aspettiamo di vedere le carte per capire quali sono i motivi, che hanno portato a questa decisione e poi si andrà avanti. Anche perché – ha spiegato Savio – io sono convinta dell’innocenza della mia assistita». Il legale ha spiegato di aver comunicato per telefono la sentenza alla sua assistita. «Non mi sento di riferire a voi gli sfoghi di una persona che è stata colpita da una condanna che, quand’anche ridotta, rimane pur sempre tale. Il dispiacere di Annamaria è enorme».
L’AVVOCATO GROSSO: «INACCETTABILE» – Carlo Federico Grosso, che è stato il primo avvocato di Annamaria Franzoni è stato molto duro: «La sentenza pronunciata dalla Corte d’assise d’appello di Torino mi sembra doppiamente inaccettabile. Non mi convince innanzitutto – ha spiegato Grosso – una sentenza di condanna in un contesto dove mancava, secondo quanto mi è dato di conoscere, la prova certa di responsabilità penale. D’altro canto se davvero si riteneva che Annamaria Franzoni fosse responsabile non capisco perché applicare le circostanze attenuanti generiche. Naturalmente – ha aggiunto il legale – questo è un giudizio a caldo sul dispositivo e occorrerà leggere le motivazioni. Di istinto mi sembra che siamo comunque assai lontani da una giustizia ispirata ai principi di uno Stato di diritto».
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